il metodo

L'approccio adottato, afferente all'Istituto di Psicologia e Psicoterapia cognitiva Post-Razionalista (http://www.ipra.it/), ha visto nelle ultime due decadi un crescente sviluppo teorico e riscontro nella pratica clinica, conquistando sempre maggiori consensi e interesse nell'ambito accademico per il suo impianto articolato e originale. Infatti esso si distingue nettamente sia da interventi interpretativi che attribuiscono all'esperienza e al vissuto del paziente un significato dall'esterno, una rilettura degli accadimenti entro le coordinate della teoria psicologica di riferimento, sia da una visione centrata totalmente sul sintomo che non tenga conto degli aspetti contestuali e personali del paziente al quale quella sofferenza pur appartiene.

L'approccio post-razionalista invece considera l'essere umano nel suo “essere nel mondo”. La modalità di apertura al contesto presso il quale le esperienze di vita si compiono è sempre specifico per ogni persona e connotato da proprie tonalità emotive. L'essere in un determinato contesto o situazione fa sempre un qualche effetto! In questo senso l'esperienza appartiene sempre a qualcuno ed è sempre dotata di senso. Ed e' possibile cogliere gli specifici accadimenti, gli elementi contestuali e le tonalità emotive attraverso il racconto che la persona fa di sé. E' infatti nella propria storia che confluiscono in una struttura coerente e unitaria tutte le esperienze di ogni giorno, l'agire e il sentire, che, insieme, fanno ciò che si è. In un certo senso, si può dire che siamo ciò che raccontiamo a noi e di noi stessi. Proprio questa sovrapposizione tra racconto di sé e senso di sé permette di intervenire sul secondo agendo sul primo.

In questo quadro, il sintomo o la difficoltà riportata dal paziente si presenta come un accadimento della propria vita che non è stato integrato nella narrazione di sé e risulta alieno e oscuro. Il problema appare come un nodo che impedisce alle esperienze di essere riconfigurate e aggiunte al racconto di se stessi in una struttura unitaria e coerente. Insomma, il paziente richiede aiuto quando un evento viene vissuto come discrepante e, a causa della sua estraneità con la propria storia personale, non riesce ad essere compreso e fatto proprio. Il terapeuta si pone quindi al servizio del paziente nell'aiutarlo a riconfigurare questi aspetti della propria vita, dotandoli di un significato proprio e reintegrandoli nella sua storia, creando così una coerenza narrativa. Agire sui “buchi” o le incongruità di un racconto implica intervenire su quegli elementi che hanno minato il senso di sé e la stabilità personale che, se riconfigurati propriamente, restituiscono un nuovo senso all'essere sé e una prospettiva nuova, più funzionale, che dischiuda nuove possibilità di essere, di agire e sentire nei contesti di vita.

Il lavoro in questo approccio non è unidirezionale, ma richiede una collaborazione o meglio una cooperazione da entrambe le parti. Il paziente, in quanto detentore della sua esperienza, è l'unico che può avvallare la riconfigurazione e la dotazione di senso degli accadimenti effettuata dal terapeuta. Inoltre il terapeuta concorda con l'utente gli obiettivi da perseguire e raggiungere e lo svolgimento di eventuali “compiti” atti a promuovere la riflessione e la consapevolezza di sé.

Se considerato necessario, in base ai problemi e sintomi riportati, ci si potrà avvalere della collaborazione di altre figure professionali, concernenti soprattutto la psichiatria e la nutrizione umana, che possano rendere più efficace e completo l'intervento psicoterapeutico.

“tra mente e corpo”
disturbi psicosomatici e del comportamento alimentare
Dott.ssa Giovanna Susca, psicologa e psicoterapeuta
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